Bisogna cancellare le vicende tragiche del nostro passato? Come sviluppare il rapporto con la Storia per lo sviluppo di una società in continuo miglioramento
Il Passato è costellato da momenti di evoluzione e progresso che si condensano in alcune vicende epocali intrecciati ad altrettanti episodi che il tempo ha portato a giudicare deplorevoli.
Tuttavia, sanare le ferite della Storia non è un processo semplice ed immediato: ad esempio, è meglio mantenere monumenti o edifici controversi come il palazzo della civilità italiana (Roma), simbolo di ideologie autoritarie o sarebbe meglio rimuoverli, creando un vuoto sulla traccia del passato?
Per rispondere a questa domanda abbiamo scelto di riportare tre vicende contemporanee che offrono degli ottimi esempi di come sia possibile creare una prospettiva sul passato, interpretando le opere in chiave contemporanea grazie ad una continua messa in discussione delle fondamenta della nostra società.
L’esempio più recente è stato anche citato nella nostra selezione di articoli di IN.TEMPO, la nostra newsletter che esce due giovedì al mese con spunti e approfondimenti legati al settore culturale italiano e internazionale (se sei curios* di scoprire i nostri prossimi contenuti, è possibile iscriversi qui).
La scelta ai cittadini: esporre un’opera ritenuta controversa a museo
A seguito delle vicende accadute il 7 giugno 2020 durante le proteste di Black Lives Matter, è stata istituita la commissione We are bristol history per decidere le conseguenze legate alla statua di Edward Colston, una delle figure di spicco nella tratta degli schiavi.
La statua di Edward Colston venne recuperata e mostrata al pubblico in formato digitale e in un’esposizione temporanea al M Shed museum, dove le persone erano invitate a condividere le loro opinioni sulle sorti della statua ed il suo piedistallo in Colston Ave attraverso un questionario.
Ciò che è emerso dal sondaggio – visibile nel report The Colston Statue: What Next? – mostra il sentimento odierno della società: la maggior parte degli intervistati desiderano vedere la statua esibita nel museo di Bristol, ma presentata distesa in orizzontale e con i graffiti per ricordare le vicende passate.
Per quanto riguarda il basamento della statua, gli intervistati hanno concordato nel suo utilizzo per opere d’arte temporanee e sull’apposizione di una nuova placca con la seguente descrizione:
“On 13 November 1895, a statue of Edward Colston (1636 – 1721) was unveiled here celebrating him as a city benefactor. In the late twentieth and early twenty-first century, the celebration of Colston was increasingly challenged given his prominent role in the enslavement of African people. On 7 June 2020, the statue was pulled down during Black Lives Matter protests and rolled into the harbour. Following consultation with the city in 2021, the statue entered the collections of Bristol City Council’s museums.”
The Colston Statue: What Next?
Cambiare la collocazione della statua e permettere alle diverse generazioni di avere un luogo dove sviluppare un dialogo proficuo aiuta a porre le basi di una società in grado di migliorarsi nel suo continuo confronto con le vicende controverse del passato.
In questo modo è possibile condividere esperienze e prospettive diverse, sviluppando una maggiore empatia e comprensione reciproca, inclusa la condivisione di opinioni sul passato, presente e futuro della città.
La creazione di opere site-specific in dialogo con il passato
All’interno del Tate Britain’s café esiste un’opera intitolata The Expedition in Pursuit of Rare Meats, un grande murale di Rex Whistler che risale al 1927 e raffigura un panorama di scene di caccia in luoghi esotici di tutto il mondo.
Sebbene ci sia la raffigurazione di luoghi ameni, alcune sequenze dell’opera includono caricature razziste del popolo cinese e una rappresentazione di un bambino nero rapito da sua madre e ridotto in schiavitù (ne avevamo parlato nell’ultima newsletter di febbraio).
Nel 2018, il museo aveva aggiunto già un testo esplicativo che riconosceva le immagini razziste all’interno dell’opera. Ma nelle proteste sorte nell’estate del 2020 il problema è riemerso: una petizione firmata da 7.500 persone ne chiedeva la sua rimozione.
Nel dicembre del 2020 è stato costituito un gruppo di lavoro chiamato “The Rex Whistler Mural Discussions”, formato da cinque membri, tra cui il presidente era il direttore della Tate Britain, Alex Farquharson.
Il gruppo – attraverso una serie di discussioni tenutesi in tutto l’arco del 2021 – si è consultato con artisti, storici dell’arte, consulenti culturali e rappresentanti civici per esplorare le possibili opzioni e comprendere come poter sviluppare al meglio un dialogo proficuo con il passato.
A metà febbraio 2022, grazie ad un comunicato stampa, il Tate Britain ha annunciato le sorti dell’opera: per poter raccontare il cambiamento della società e dei suoi simboli, il Tate Britain’s café diventerà uno spazio espositivo, dove l’opera di Rex Whistler verrà affiancata da un’installazione site-specific creata da un artista contemporane*.
La reinterpretazione del modo in cui lo spazio è stato vissuto, dove il lavoro di artist* contemporane* si giustappone al murale, creerà un luogo aperto al dialogo, contestualizzando l’opera del passato e mostrando l’evoluzione della società attraverso la cultura.
“As our future artists, archivists, curators, visitors and leaders, it was crucial that the next generation are part of this dialogue. They reflected deeply on the issues, and the challenges that lie ahead. Young people want to see museums take ownership of their difficult histories and explore how the past relates to our future. They want to be a part of a new way of presenting art which is porous, conversational, transparent and unfinished, which brings together different voices and presents opportunities for learning through critical and artistic exchange.”
Rachel Noel, Coordinatrice dei programmi per i giovani al Tate Museum e co-chair della Rex Whistler mural discussions
Disinnescare l’eredità architettonica del fascismo: “nessuno ha il diritto di obbedire”
In tutta Europa sono visibili ancora oggi monumenti di agit-prop fascista. Nella città di Bolzano, per esempio, spiccano due strutture legate alla storia tra gli anni Venti e Quaranta.
In piazza del Tribunale è possibile vedere ancora oggi la sede degli Uffici finanziari con un bassorilievo di cinquantasette pannelli scolpiti in marmo, raffigurante l’ascesa del fascismo italiano, dalla marcia su Roma alle conquiste coloniali in Africa. Al centro è raffigurato Mussolini a cavallo, il braccio destro teso in un saluto romano con la famosa frase: “credere, obbedire, combattere”.
Il secondo è il Monumento alla Vittoria, un suggestivo arco in marmo bianco, con colonne scolpite a forma di fascio littorio, simbolo del movimento fascista. Lungo il suo fregio, un’iscrizione in latino recita: “Qui al confine della patria deponi lo stendardo. Da questo punto in poi abbiamo educato gli altri con la lingua, il diritto e la cultura”.
La giunta comunale dal 2011 si è chiesta come poter sviluppare un dialogo con questi monumenti della città, i quali detengono una grande importanza a livello artistico (esempi di razionalismo italiano), ma sono ancora un forte simbolo di un’ideologia passata.
Secondo Hannes Obermair, professore e storico italiano all’università di Innsbruck coinvolto nella ricerca di una soluzione per i monumenti della città di Bolzano, la scelta di rimuovere i monumenti evita di affrontare i complessi strati di Storia e identità che creano dissidi nel presente, mentre se si sceglie di mantenerli senza alcuna modifica, si rischia di normalizzare l’ideologia fascista.
A questo proposito sono stati scelti degli interventi minimali di grande impatto per poter sviluppare un ponte tra passato e presente.
Per il monumento alla Vittoria è stato creato un primo intervento, visibile su una delle colonne, attraverso l’apposizione di un anello LED che soffoca simbolicamente la retorica fascista senza ledere l’integrità artistica del monumento.
Successivamente, in una cripta sotto l’edificio, è stato costruito un percorso espositivo intitolato “BZ ‘18-’45 un monumento | una città | due dittature” che descrive in dettaglio la turbolenta storia moderna di Bolzano, contestualizzando la creazione del monumento ed esplorando il dibattito che lo circondava (il progetto dell’allestimento può essere approfondito qui).
Per il bassorilievo sugli uffici finanziari, la Giunta provinciale di Bolzano decise di strutturare un concorso di idee per la trasformazione della facciata, rivolgendosi a tutti gli “artisti ed artiste, architetti ed architette, storici e storiche ed operatori e operatrici di cultura”.
La soluzione doveva trasformare il fregio in un “luogo di memoria”, in grado di mantenere l’integrità artistica e neutralizzando al contempo la retorica fascista.
Tra i 486 progetti presentati è stato selezionato quello degli artisti Arnold Holzknecht e Michele Bernardi. Il loro intervento, inaugurato nel 2017, si contrappone alla magniloquenza del fregio: sopra il bassorilievo di Hans Piffrader, la loro installazione LED riporta la frase di Hannah Arendt “Nessuno ha il diritto di obbedire“ in tedesco, italiano e ladino, le tre lingue ufficiali della regione.