I cinque trend da non sottovalutare, secondo Museum Strategy Consultancy
Per le istituzioni culturali, il 2021 è stato un anno di transizioni e riprese dopo un lungo periodo di lockdown. Prima di lasciarci quest’anno alle spalle, è utile tirare le somme e dare un’occhiata a ciò che lo ha caratterizzato in ambito creativo e culturale.
Noi di Museum Strategy Consultancy, abbiamo deciso di raccogliere in questo articolo i cinque trend che hanno segnato quest’anno:
1. Tecnologia NFT
A marzo la nota casa d’aste Christie’s batte all’asta l’opera in formato digitale JPEG dell’artista Beeple per 69,3 milioni di dollari mostrando a tutto il mondo la “febbre” degli… NFT.
I Non fungible tokens utilizzano la tecnologia blockchain per certificare l’autenticità digitale di un’opera e hanno fatto emergere pareri discordanti: c’è chi li considera il modo migliore per garantire valore e unicità alle opere d’arte digitali – che da tanto tempo soffrono dell’incapacità di dimostrare la proprietà intellettuale dell’artista – e chi invece crede sia solo una pericolosa bolla speculativa – avete presente la bolla dei tulipani nel XVII secolo?
Alcuni musei e fondazioni sono stati in grado di cogliere l’occasione al volo e convertirla in una possibilità di raccolta fondi: è il caso degli Uffizi che grazie alla collaborazione con Cinello è stata creata la prima e unica serigrafia digitale della famosa opera del Tondo Doni venduta a 140.000 euro. Oppure di Mucha Foundation che grazie alla partnership con VIVE Arts ha potuto creare cinque NFT delle opere di Alphonse Mucha.
Molti osservatori speculavano su un imminente apertura di un museo dedicato esclusivamente agli NFT e così a fine dell’anno è arrivata la notizia che tutti aspettavano: a gennaio 2022 si apriranno le porte del Seattle NFT Museum, primo museo al mondo dedicato alla digital art con mostre temporanee, sessioni di Q&A con gli artisti e creazione in tempo reale di NFT.
2. Società e comunità: le restituzioni
Le grandi istituzioni da ogni parte del mondo hanno annunciato e restituito opere delle loro collezioni agli Stati di appartenenza: è il caso del Washington National Gallery of Art che ha restituito il galletto di bronzo del Benin appartenente ad un altare devoto alle Regine Madri.
Come la Germania e gli Stati Uniti, molti altri Stati hanno dichiarato le loro intenzioni di voler rimpatriare nel prossimo futuro tutte le opere rubate presenti sul suolo Nazionale: è il caso dei Paesi Bassi che hanno messo in atto il loro piano di restituzione incondizionato di qualsiasi oggetto culturale trafugato da una ex-colonia olandese.
Anche l’Italia ha scelto di restituire – al contrario del Regno Unito – uno dei pezzi del fregio del Partenone alla Grecia attraverso un prestito quadriennale. L’opera – presente al Museo Archeologico Antonio Salinas verrà portata al Museo dell’Acropoli con possibilità di rinnovo per altri quattro anni, come previsto dalla legge italiana.
Le restituzioni di opere d’arte sottolineano l’impegno e la responsabilità maturata dagli Enti verso le diverse comunità che si mettono in difesa della cultura di ogni Stato. Non sono pochi gli oggetti che sono stati trafugati nel corso dei secoli in diverse parti del mondo e le richieste di restituzione da parte degli attivisti aumentano (dal Nepal fino alla Nigeria).
L’aumento delle restituzioni di opere d’arte rubate ha aperto in alcuni casi le porte anche a nuove collaborazioni internazionali. Alla cerimonia in occasione della restituzione di tre opere d’arte nigeriane, il Metropolitan Museum of Modern Art e la Commissione Nazionale nigeriana per i musei e i monumenti (NCMM) hanno stipulato un memorandum of understanging per collaborare su prestiti reciproci e scambi futuri:
“Non si tratta solo del rimpatrio delle opere, ma del percorso da seguire. Come istituzione scambieremo borse di studio, inviteremo i nostri colleghi nigeriani qui per interpretare parti della nostra collezione e presteremo le nostre competenze alla Nigeria”.
Max Hollein, direttore del MET Museum
3. Innovazione gestionale: diversificazione e nuovi prodotti culturali
È stato stimato che la maggior parte dei musei è in grado di esporre solo il 6-7% del patrimonio culturale. Il restante 94% è nascosto all’interno dei propri depositi.
Per dare nuova vita alle opere che non trovano spazio nei percorsi museali tradizionali, quest’anno sono state intraprese diverse scelte gestionali interessanti. Tra queste figura anche il caso degli Uffizi, grazie ad un grande progetto di valorizzazione del patrimonio artistico nella regione chiamato “Terre degli Uffizi”.
Questo nuovo modo di fruire le collezioni su tutto il territorio toscano dà la possibilità di creare legami e sinergie più solide con i musei periferici, favorendo nuove forme di turismo decentrato e più sostenibile, attraverso la valorizzazione dello straordinario patrimonio artistico di alcune realtà museali meno note della Toscana.
Anche il progetto “cento opere tornano a casa” voluto dal Ministero della Cultura si pone lo stesso obiettivo: cento opere custodite nei depositi dei quattordici musei pubblici italiani tornano a popolare le sale dei musei nei territori per le quali erano state concepite. Il progetto prevede – in collaborazione con RAI – la creazione di una serie di documentari volti a rafforzare il legame tra territorio e opera d’arte stessa.
Il progetto più innovativo di quest’anno si trova a Rotterdam: il 6 novembre 2021 è stato inaugurato il Depot Boijmans Van Beuningen, il più grande deposito d’arte aperto al pubblico. Non ospiterà mostre, ma i visitatori potranno accedere alle opere della collezione e prendere parte al dietro le quinte.
Una scelta gestionale che ha bisogno del giusto spazio per essere raccontata, magari in un prossimo articolo – Spoiler alert: sì, avremo modo di parlarne direttamente con la responsabile della collezione.
4. Sostenibilità economica
Un trend negativo che bisogna tenere in considerazione anche quest’anno è la diminuzione delle donazioni effettuate agli enti culturali. Lo studio Nonprofit Trends and Impacts 2021 dell’Urban Institute ha condotto un indagine basandosi sulle organizzazioni no-profit statunitensi.
I risultati sottolineano non solo la disparità tra organizzazioni grandi e piccole in termini di accesso ai finanziamenti filantropici, ma anche che le organizzazioni più giovani e meno consolidate sono più colpite quando i donatori diminuiscono rispetto alle organizzazioni più vecchie e più grandi che hanno avuto il tempo di stabilirsi in una comunità e possono beneficiare della loro reputazione e fiducia nella comunità.
Sebbene le donazioni fossero aumentate tra il periodo 2015-2019, nel 2020 c’è stata un’inversione di marcia. Questa diminuzione è stata osservata nel 2020 dal report Global Trends in Giving 2020 anche in Europa, dove solo quattro donatori ogni cento hanno deciso di devolvere il proprio denaro alla cultura. Anche per quest’anno è stata osservata una diminuzione delle donazioni nel primo semestre da parte dell’Istituto Italiano della Donazione.
Per riuscire a contrastare questo trend negativo le istituzioni culturali non dovranno incentivare le donazioni una tantum, ma dovranno essere in grado di creare un rapporto diretto con i visitatori e i fruitori dei propri contenuti attraverso l’erogazione di membership capaci di mettere al primo posto le esigenze della propria audience, i valori in cui crede e che ricerca all’interno degli spazi museali.
Essere soggetti attivi all’interno della propria società ed essere in grado di trasmettere l’importanza del proprio patrimonio sarà la sfida da affrontare nei prossimi anni e sarà possibile attuarlo con una comunicazione più chiara e trasparente, anche attraverso la redazione di Bilanci Sociali capace di comunicare gli obiettivi, i valori e i risultati ottenuti nell’arco dell’anno.
5. Cambiamento climatico: sostenibilità ambientale nelle istituzioni culturali
Un altro aspetto di cui si sono fatte carico le istituzioni culturali è l’attenzione verso le conseguenze che ci saranno nei prossimi anni a causa del cambiamento climatico. il World Monuments Fund quest’anno ha dichiarato che il cambiamento climatico è uno dei tre fattori chiave che minacciano la salvaguardia dei siti culturali.
Dopo le proteste di attivisti davanti al British Museum e le contestazioni di greenwashing all’azienda Shell per la sponsorship con il Science Museum di Londra – che puntavano il dito contro la disconnessione tra le mostre a tema climatico e le fonti di finanziamento poco ecologiche – le istituzioni culturali sono diventate maggiormente sensibili al tema della sostenibilità ambientale.
La Dichiarazione finale del G20 Cultura ha dedicato particolare attenzione al ruolo delle istituzioni culturali nell’affrontare le sfide legate al cambiamento climatico. Dalla conferenza è emerso come le istituzioni culturali possono favorire la creazione di una coscienza comune riguardo l’importanza del contenimento dei rischi, anche attraverso eventi e strumenti innovativi.
Nell’arco di quest’anno sono stati individuati diversi modi (qui ne sono stati indicati almeno sette) per rispondere alla crisi climatica. Tra questi spiccano le mostre che denunciano lo sfruttamento dell’uomo sulla Natura (come la mostra Unsettled Nature- Artists Reflect on the Age of Humans) e le scelte curatoriali che puntano l’attenzione sulla sostenibilità stessa della mostra.
È il caso del Museo di Arte Contemporanea di Busan (MOCA Busan) con la sua mostra intitolata Sustainable Museum: Art and Environment, che affronta in modo diretto il complesso rapporto tra l’allestimento di mostre d’arte e l’impatto ambientale invisibile di tali eventi. Sono state considerate, ad esempio, le altissime emissioni di CO2 durante il trasporto aereo di opere d’arte – preferito al trasporto marittimo – e proprio per evitare questo spreco il MOCA ha deciso di trasmettere in streaming i pezzi situati a distanza e di utilizzare installazioni.
In ultimo, molti musei hanno iniziato a scegliere attentamente le aziende con cui creare delle partnership. L’utilizzo di tecnologie innovative e l’expertise delle aziende partner ha aiutato in molti casi a far emergere “l’urgenza sociale” riguardo le conseguenze del cambiamento climatico. È il caso del Design Museum di Londra, che grazie alla florida relazione con Snapchat è riuscito a mostrare gli effetti devastanti del cambiamento climatico sul proprio edificio attraverso la realtà aumentata.